Curare, sì; eliminare, no

Conferenza dei Vescovi svizzeri: Nessuna autorizzazione alla diagnosi preimpianto

 

La CVS  rifiuta l’autorizzazione alla diagnosi preimpianto (DPI). Essa ha espresso la propria opinione in una presa di posizione indirizzata al Consiglio federale a proposito della modifica della Costituzione federale e della Legge sulla procreazione medicalmente assistita. L’uso della DPI, che ha quale scopo l’eliminazione degli embrioni malati, non è compatibile con il principio della dignità umana, ancorati nella Costituzione. La DPI implica delle ricerche genetiche che decideranno se un embrione prodotto tramite la fecondazione in vitro sarà impiantato nell’utero o no.

I vescovi comprendono la sofferenza e l’angoscia delle coppie che sanno di essere trasmettitrici di una malattia genetica. La società deve loro una risposta di solidarietà ed anche un progresso tecnologico. “Noi speriamo che siano anche promosse le ricerche e gli sviluppi che cercano di migliorare le condizioni di diagnosi e di trattamento (e non di eliminazione!) prenatali”, scrivono i vescovi.

L’uso della DPI tende, secondo il Consiglio federale, ad evitare malattie gravi. La DPI sembrerebbe, in effetti, fornire una soluzione alla sofferenza ed all’angoscia delle coppie. Ma si tratta di una falsa soluzione, nella misura in cui essa intacca il principio della dignità umana: essa induce una selezione che elimina gli embrioni giudicati potenzialmente portatori di una malattia grave.

Mancanza di prove

Il Consiglio federale ammette, con onestà, che “l’approvazione della DPI non è certamente compatibile con l’ipotesi secondo la quale gli embrioni godono in modo illimitato della dignità umana”. Tocca dunque ai sostenitori della DPI fornire la prova che l’embrione umano non è una persona – ciò che in effetti nessuno ha mai potuto finora dimostrare. Nel dubbio riguardo alla natura dell’embrione, il principio della precauzione deve essere applicato assolutamente.

Secondo la posizione del Consiglio federale, viene tolta in modo arbitrario la proibizione del congelamento degli embrioni, non solo per la DPI, ma anche per la fecondazione in vitro (FIV). Di nuovo, l’embrione non è più rispettato per ciò che è in se stesso, ma è trasformato in oggetto “stipato” in un congelatore, fino al momento in cui si dovesse aver bisogno di lui. Fissare un limite di otto embrioni come limite superiore per una DPI sembra del tutto arbitrario e difficilmente giustificabile su un piano scientifico.

Pendio scivoloso

Autorizzando la DPI, la Svizzera si incamminerebbe su un pendio scivoloso, senza via di ritorno. I paesi che non hanno ammesso la DPI, se non per casi ed indicazioni eccezionali, presto o tardi le hanno allargate fino a pervenire, in alcuni casi, alla selezione delle qualità specifiche per il bambino (“bébé medicamento”). L’autorizzazione della DPI condurrebbe in seguito all’assottigliamento di tutte le barriere ancora esistenti. Ad ogni passo conquistato è implicito che necessariamente un altro lo segua.

Alla fine della loro presa di posizione, i vescovi riaffermano la loro convinzione che la salute o il benessere di una persona non dipendono unicamente dall’integrità del suo bagaglio biologico, che determina le caratteristiche del suo funzionamento fisico. La DPI, che afferma esclusivamente su questi criteri fisici che una persona non potrà mai avere una buona salute, ipoteca in modo grave le dimensioni psicologica, sociale e spirituale della vita umana. Esistono molti esempi nei quali queste dimensioni hanno potuto condurre delle persone al loro pieno sviluppo, dunque ad una forma di salute, malgrado i gravi handicap fisici.

 

La presa di posizione dettagliata della CVS è disponibile sul sito.